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mercoledì 25 marzo 2015

La dieta dell'eterna giovinezza

Verdura sempre, carne solo da una certa età. Più fragole e peperoncino, capaci di convincere il corpo a ridurre le calorie
La dieta dell'eterna giovinezza
Una dieta può essere per sempre. E può anche allungarci la vita. Siamo abituati a pensare alle diete come a brevi periodi di sacrifici per perdere peso. Meno durano, meglio è. Fare attenzione ogni giorno a quello che finisce nel piatto, però, non solo ha effetti sulla bilancia ma può anche aiutare a vivere a lungo. È nel cibo che si trova l’elisir di lunga vita: un’alimentazione equilibrata è il miglior trattamento per prevenire diabete, tumori e malattie cardiovascolari. La regola generale è seguire un regime alimentare a base di frutta, verdura, cereali integrali e grassi di buona qualità. Ma se l’obiettivo è diventare ultracentenari, bisogna anche tagliare le proteine di carne e formaggi e ridurre le calorie. Nel 2014 una ricerca coordinata da Valter Longo, a capo dell’istituto per la longevità dell’Università della California del Sud, ha dimostrato come gli adulti che consumano grosse dosi di proteine animali hanno una maggiore probabilità di sviluppare problemi al cuore, tumori e demenze. Ci si ammala di più, si invecchia prima e si vive di meno. Una dieta ricca di frutta e verdura, al contrario, tiene alla larga molte patologie e assicura un’aspettativa di vita più lunga. «Questo avviene perché le cellule del nostro corpo “mangiano” quantità minori di amminoacidi delle proteine, restando in uno stato di quasi quiescenza e vivendo così più a lungo», spiega Giuseppe Passarino, docente di Genetica dell’invecchiamento dell’Università della Calabria, che ha partecipato alla ricerca guidata da Longo. «In presenza di maggiori quantità di proteine, le cellule lavorano di più e hanno un’esistenza più breve». Molte diete dimagranti, dalla paleo alla Dukan, puntano su un consumo ridotto di carboidrati abbinato a un elevato apporto di proteine. «Si pensa che sia il modo migliore per perdere peso e massimizzare le performance fisiche. Quello che non si sa è che sul lungo tempo dosi eccessive di proteine accelerano l’invecchiamento del corpo», dice Passarino. Il responsabile di questo processo è l’ormone della crescita IGF-1. Stimolato dalle proteine, questo ormone ha un ruolo centrale per lo sviluppo dell’individuo nelle prime fasi della vita, ma in età adulta non fa altro che accelerare l’usura delle cellule.

Limitare le proteine animali diventa così il modo migliore per controllare l’avanzare dell’invecchiamento. Ma dopo i 65-70 anni il metabolismo cambia e l’effetto negativo dell’apporto proteico diminuisce, anche grazie a un calo fisiologico dell’ormone della crescita. «Così si spiega perché la Calabria e l’isola giapponese di Okinawa siano le aree in cui si concentra il maggior numero di centenari», spiega Passarino. «Entrambe sono le regioni più povere dei Paesi più longevi al mondo. Per molti anni queste popolazioni hanno avuto una dieta povera di proteine animali, cominciando a mangiare molta carne solo dopo i 70 anni. In pratica, hanno condotto involontariamente una dieta perfetta, e il risultato è che in tanti superano la soglia dei cento anni». La longevità, certo, in parte dipende da una genetica favorevole. Ma la variabile che meglio possiamo controllare resta l’alimentazione. Il piatto della longevità è composto per tre quarti da vegetali e cereali, il resto è occupato dalle proteine delle carni bianche e del pesce. Una ricerca durata 12 anni e pubblicata sul British Journal of Cancer ha dimostrato che vegetariani e vegani hanno il 45% delle probabilità in meno di ammalarsi di cancro. Nelle donne, in particolare, i cibi che aiutano a vivere più a lungo sono le verdure a foglia verde come bietole, spinaci e insalata, associate a una minore insorgenza del tumore al seno. Povera di carne rossa e ricca di pasta, frutta, verdura, legumi, olio d’oliva e pesce, la dieta mediterranea è di certo un’alleata della longevità. Gli studi che la associano a un ridotto rischio cardiovascolare e di sviluppo del cancro sono moltissimi. Nel 2009 un gruppo di ricercatori inglesi ha assegnato a 7.447 persone a rischio cardiovascolare tre tipi di diete: dieta mediterranea con l’aggiunta di una maggiore quantità di olio d’oliva, dieta mediterranea con l’aggiunta di nocciole, e una normale dieta ipocalorica con pochi grassi. Per i due gruppi
associati alla dieta mediterranea il rischio di infarti e ictus si riduceva del 30%. I risultati furono così netti, che la ricerca venne subito bloccata per evitare di procurare danni ulteriori al terzo gruppo. Non solo. In uno studio pubblicato di recente sul British Medical Journal, un team di ricercatori statunitensi ha dimostrato che la dieta mediterranea agisce direttamente sui telomeri, i cromosomi associati alla longevità, rendendoli più lunghi e quindi più durevoli.

Con la crisi, però, anche in Italia la dieta mediterranea è stata abbandonata soprattutto dalle fasce di reddito più basse, a favore di cibi meno costosi ma anche più calorici.
E questo ha avuto ricadute anche sulla aspettativa di vita media. Maria Benedetta Donati, membro del comitato scientifico della Fondazione Veronesi, ha monitorato la dieta di 25mila cittadini del Molise tra il 2005 e il 2010. Il risultato è che la minore diffusione della dieta mediterranea ha portato, come spiega, a «un progressivo peggioramento delle condizioni di salute, con una più elevata prevalenza dell’obesità e una maggiore mortalità tra i diabetici». Colpevoli sono anche le calorie, da tenere a bada se si vuole invecchiare bene. Una dieta ipocalorica facilita i meccanismi di difesa contro le malattie degenerative. Alzheimer in testa. Scienziati e nutrizionisti, non a caso, raccomandano ogni tanto una giornata di digiuno. Astenersi dai piaceri dalla tavola a intermittenza abbasserebbe i livelli dell’ormone IGF-1 riducendo anche il rischio di tumori. «Gli studi dimostrano che se togliamo il 30% dell’apporto calorico a qualsiasi specie, dai lieviti ai macachi, si ha un allungamento della vita e una minore incidenza di malattie», spiega Lucilla Titta, nutrizionista responsabile con Giuseppe Pellicci, direttore dell’Istituto europeo di oncologia, del progetto Smart Food, che studia quali principi nutritivi degli alimenti favoriscono la longevità. «I cibi smart», spiega Titta, «sono gli alimenti che contengono i composti mimetici della restrizione calorica, cioè sostanze di origine vegetale che hanno sull’organismo lo stesso effetto della riduzione di calorie, e che quindi sono in grado di allungare l’aspettativa di vita». Una specie di “pillole della longevità”, concentrate nel peperoncino, nelle fragole, nei mirtilli, nell’uva rossa, nelle cipolle e nelle arance. I nomi sono poco conosciuti e difficili da pronunciare: capsaicina, fisetina, resveratrolo. Ma se associati a una dieta corretta e alla giusta attività fisica, possono essere il passaporto per una lunga vita. Al di là dei cibi smart, il segreto per controllare le calorie resta comunque la diminuzione di dolci e zuccheri. Non a caso, l’Organizzazione mondiale della sanità da poco ha chiesto di ridurre dal 10 al 5% la soglia dell’apporto giornaliero di zucchero. «La verità è che il nostro corpo non ha bisogno di per sé di assumere zuccheri semplici», spiega Lucilla Titta. «Basta mangiare frutta due o tre volte giorno». Gli zuccheri contenuti in mele, pere e kiwi non alzano il livello di glicemia nel sangue, non aumentano il rischio di diabete e assicurano una vita più lunga. Meglio di un cucchiaino di zucchero nel caffè.

Il piatto perfetto
L’Harvard Medical School di Boston ha ribaltato la classica piramide alimentare, rappresentando in un piatto la composizione ideale che dovrebbe avere ogni pasto della giornata, dalla colazione alla cena. Per mantenersi in salute, un piatto dovrebbe essere composto per metà da frutta e verdura, prediligendo quella di stagione e variando i colori. Gli
onnipresenti di ogni pasto dovrebbero essere cereali e derivati integrali, inclusi pane, pasta, riso, orzo e farro. L’ultimo spicchio, quello più piccolo, è occupato dalle proteine. Ma è importante variare le fonti: sì al pesce azzurro e ai legumi tre volte alla settimana; carne bianca, uova e latticini (meglio freschi e magri) non più di due volte alla settimana. La carne rossa va limitata. I salumi dovrebbero essere del tutto evitati. Ultimo tocco: condire i piatti con olio extravergine di oliva a crudo, e insaporire con spezie ed erbe aromatiche. Per arricchire di sapore, e di salute, ogni pasto.

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